Fiocchi al Parlamento Europeo in difesa dell’agricoltura, ambiente e caccia

Pietro Fiocchi, lecchese doc e deputato al Parlamento Europeo per Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, è un politico con una grande esperienza d’imprenditore. Dopo la laurea in ingegneria aerospaziale presso la University of Missouri di Rolla nel 1990, entra in Marina con il ruolo di Guardiamarina sulla nave da sbarco San Giorgio fino al 1992.

Negli anni a seguire entra in un’azienda di robotica italiana, lavora presso l’azienda di famiglia Fiocchi Munizioni, ma la sua vera passione è la politica.

Si candida alle elezioni politiche nel 2019 nelle liste di Fratelli d’Italia come indipendente nel Collegio Nord Ovest che comprende Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, raccogliendo 9.334 preferenze

Il suo impegno nel Parlamento europeo è rivolto ai temi dell’agricoltura, della caccia e dell’ambiente, temi sui quali l’Italia sembra in netto contrasto con l’Europa.

L’onorevole Pietro Fiocchi ha risposto ad alcune domande che il network Alpi Media Group, gli ha rivolto su temi al centro dell’attenzione e delle preoccupazioni di molti italiani.

Cinghiali, cervi, lupi, orsi sono protagonisti troppo spesso di articoli di cronaca perché causa di incidenti o di aggressioni. La presenza sul territorio di questi animali è sentita come emergenza anche a livello europeo?

Inizialmente, l’Europa era estremamente protettiva in maniera ideologica di tutti questi animali definiti invasivi e nocivi, con l’eccezione del cinghiale per la problematica della PSA (Peste Suina Africana), per cui la Commissione aveva pubblicato le linee guida di gestione, che prevedevano la riduzione dell’80% della densità dei cinghiali e la totale eradicazione in caso di ritrovamento di carcassa infetta, come è avvenuto in Belgio e nella Repubblica Ceca, ma non in Italia. Ora l’approccio è molto più pragmatico e meno ideologico, soprattutto dopo che i lupi hanno predato un pony nella fattoria della commissaria Ursula Von Der Layen in Germania, fatto che ha probabilmente spinto la Commissaria ad un approccio più pragmatico. Infatti, sono incominciati i piani di riduzione della popolazione dei lupi in parecchi Stati membri, ma non in Italia. Ricordiamoci, che oltre ai grandi carnivori, responsabili di uccisioni umane e di migliaia di predazioni di animali di allevamento, ci sono anche i corvidi e le volpi che stanno facendo scomparire i passeri e altri uccelli minori, i cormorani che stanno facendo sparire molte specie autoctone di pesci nei nostri laghi, i pesci siluro che stanno distruggendo intere specie ittiche, le nutrie che stanno causando danni importanti ai sistemi dei canali di irrigazione, oltre ovviamente ai danni all’agricoltura di cinghiali, piccioni, etc.

I cacciatori spesso sono malvisti ma lei  non crede  che possa esistere l’idea di una caccia utile all’ambiente?

Io ho sempre detto che i cacciatori e i pescatori sono le vere sentinelle dell’ambiente, perché solo con la natura in perfette condizioni e la gestione intelligente della biodiversità essi possono praticare la loro passione. Anche su questo argomento, le cose stanno cambiando, con la presa di posizione importante da parte del Commissario straordinario per la PSA Caputo, con cui sto lavorando a stretto contatto, il quale riconosce un ruolo fondamentale dei cacciatori nella gestione dell’emergenza. Stiamo anche lavorando con l’assessore Beduschi di Regione Lombardia, per l’utilizzo dei pescatori nel controllo dei pesci siluro e di altre specie invasive.

Poche settimane fa, il Parlamento  europeo ha votato la norma “Ripristino natura”.  Non crede che l’atteggiamento europeo in tema di ambiente sia frutto di una ideologia che non ha nulla a che vedere con l’ecologia? 

È stato un voto molto combattuto e che ha portato a risultati interessanti. La sinistra ambientalista ideologica lo ha fatto passare come una grande vittoria, ma in realtà questo voto ha segnato un passaggio verso una gestione più pragmatica e meno ideologica dell’ambiente. In sostanza, siamo tutti a favore del ripristino della natura, ma non a discapito dei posti di lavoro, della produzione agricola, dell’economia! Un segnale interessante sono state le dimissioni di Franz Timmermans da Vice-presidente della Commissione Europea e responsabile del “Green Deal”, che ha capito di non avere più i numeri per completare la sua visione ideologica estremista.

Lei non ha l ‘impressione che insidiare  piatti della nostra cucina nazionale come la Fiorentina, la lasagna bolognese, non provochi allontanamento da parte di molti italiani verso le istituzioni europee ?  Il cibo è anche cultura e snaturarlo e atto quasi demenziale, non trova?

Ci sono state battaglie importanti su questi temi, la più importante quella sull’obbligo del “Nutriscore”, sistema francese di catalogazione dei cibi, che avrebbe qualificato il nostro olio d’oliva, il parmigiano, il prosciutto di San Daniele e tanti altri come cibi pessimi per la salute umana, ignorando le posizioni dell’ONU che indicano la dieta Mediterranea come una delle più salubri al mondo. Altre battaglie importanti sono state quelle sulla protezione delle denominazioni di origine controllata, su cui abbiamo avuto molti attacchi da diverse nazioni europee (l’ultimo sul Prosek Sloveno). In realtà, la direttiva Europea Farm-to-Fork (dalla fattoria alla tavola) dovrebbe favorire proprio i nostri piccoli produttori di eccellenze alimentari. Inoltre, su questo tema non vi è stata una divisione politica, ma quasi tutti i membri del Parlamento Europeo Italiani hanno combattuto assieme, con mio grande piacere.

Lei crede che abolire alimenti tipici della cucina e prodotti dell’agricoltura italiana sia un modo per indebolire economicamente il  nostro Paese?

Non vedo un piano specifico contro l’Italia. Piuttosto un approccio molto ideologico e burocratico che impatta in maniera negativa sul sistema italiano. Ricordiamoci che il tessuto economico Italiano, a differenza del resto d’Europa, è composto da migliaia di microaziende, che avranno enormi difficoltà ad applicare le nuove revisioni delle direttive packaging, CLP, REACH e via dicendo. Il pericolo è un aumento dei costi dell’alimentare per il consumatore e un declino delle esportazioni internazionali, senza un vantaggio in termini di salute e qualità della vita.

Quali politiche  salvaguarderebbero il sistema produttivo e l’ambiente, che l’ intera Europa dovrebbe attuare?

Vi sono alcuni temi strategici fondamentali, per diminuire o azzerare la nostra dipendenza dall’estero (non solo gas russo, ma petrolio medio-orientale, grano, concimi, semi, litio, cobalto, nickel, semi-conduttori, batterie e pannelli solari). Queste decisioni, oltre ad essere fondamentali per l’economia dell’Europa, sono anche importantissime per l’ambiente del pianeta. La Cina ha costruito la più grande fabbrica di pannelli solari del mondo, quasi tutti destinati all’Europa, e per alimentarla ha costruito un enorme centrale a carbone. Inoltre, aumentare la burocrazia e le regole, spingeranno le aziende europee a delocalizzare verso Paesi meno difficili e spingeranno l’Europa ad importare prodotti da Paesi che non hanno neanche lontanamente i nostri standard ambientali e sociali. Di fatto, spostiamo l’inquinamento al di fuori dell’Europa, senza migliorare la situazione del pianeta. Purtroppo l’Europa non ha il potere di imporre i nostri standard ad altre nazioni (Turchia, Cina, India, Brasile, etc.), col risultato di peggiorare la situazione ambientale del pianeta e di uccidere l’economia e i posti di lavoro europei.

didascalia: eurodeputato Pietro Fiocchi – Fratelli d’Italia – gruppo dei Conservatori e Riformisti

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